PREGHIERE

La preghiera per i malati è domandare che la notte del dolore finisca e venga la luce del mattino. E' ricerca della speranza che non delude

La meditazione di Marco Impagliazzo su Isaia 21,11-12 nella basilica di Santa Maria in Trastevere

 

Isaia 21, 11-12
Oracolo su Duma.
Mi gridano da Seir: "Sentinella, quanto resta della notte?
Sentinella, quanto resta della notte?"
La sentinella risponde:"Viene il mattino, poi anche la notte;
se volete domandare, domandate, convertitevi, venite!".

Sorelle e fratelli,
siamo riuniti questa sera per pregare per i malati. È una preghiera importante, di cui sentiamo il valore, di cui sentiamo la forza, ed è bene essere in tanti a pregare per i malati.
Abbiamo ascoltato la Parola del Signore dal libro del profeta Isaia. Il Signore ha stretto un patto di amore e di fedeltà con il suo popolo, è un patto fondato anche sull’ascolto della sua Parola, della sua voce. E questa sera l’abbiamo ascoltata, attraverso il profeta Isaia, come una domanda ripetuta.
È un oracolo su Duma. Duma in ebraico ha il significato di “silenzio”. È un oracolo carico di silenzio, perché anche il silenzio può essere evocativo nella preghiera, anche il silenzio è una domanda. La voce del Signore ci arriva sotto forma di domanda a una sentinella che accoglie il grido da Seir.
È il custode - è proprio questo il significato della parola ebraica che indica la sentinella. Custodisce il patto del Signore con il popolo, la sentinella, e custodisce il grido. Mi gridano da Seir: sentinella – che potremmo tradurre anche con custode – quanto resta della notte?
Chi è questo custode? Certamente il Signore stesso, nostro pastore e custode cui giunge questa sera il nostro grido per i fratelli e le sorelle malati. Cui giunge il grido stesso, spesso soffocato, di tanti malati che chiedono guarigione o sollievo dalla malattia, che chiedono di non restare soli nella notte della malattia.
Il Signore custodisce quel grido, il nostro grido, il grido dei malati. Il grido delle donne e degli uomini che chiedono sollievo e guarigione, il grido di chi è recluso negli istituti e nei cronicari, che chiede una presenza buona, misericordiosa, una attenzione, una parola buona, un senso a ciò che si vive. Il grido dei reclusi nelle carceri, senza cure, che chiedono condizioni umane e di avere un futuro.
È un grido che si fa domanda: quanto resta, quanto manca della notte? Cioè: quanto durerà questa notte? Ma anche: di che cosa è fatta la notte? Qual è la sua natura? E poi si chiede al custode: che cosa hai da dirci di questa notte? Che esperienza hai fatto, tu custode, della notte?
Ma si potrebbe anche chiedere: cosa viene da questa notte?
È una domanda al cuore della crisi. La questione delle origini o della durata della notte, della malattia, non è in nostro potere, ma è necessario chiedersi quali luci possiamo vedere nella notte. Riconoscere la notte, senza rimuoverla, interrogarla, significa fare esercizio di speranza, e la speranza è la piccola luce nella notte.
Rivolgere, gridare la domanda alla sentinella, al custode, è importante. La domanda è preghiera, significa avere fiducia nell’ascolto, stare nella notte della domanda significa cercare e chiedere una risposta possibile.

E il grido che giunge alle orecchie della sentinella non è un grido a vuoto, ed è nelle tenebre che la luce splende, in mezzo alla crisi, nel suo centro.
Ogni giorno, in un certo modo, il Signore ci insegna a vivere la complessità del tempo, senza cedere alla notte, ma imparando a cercare una via d’uscita, quel mattino che giunge, anche se magari insieme alla notte stessa. Non scompaiono d’un colpo la notte, la crisi, il male, ma viene il mattino, poi anche la notte. Sono tutte e due assieme, perché c’è una luce nella notte.
L’importante è continuare a domandare, cioè a pregare. Pregare che la notte passi e che sorga il mattino. Non smettere di chiedere, ecco la risposta che ci arriva dal custode: continuare a domandare, tornate, chiedete ancora! Signore, siamo qui ancora questa sera, per chiedere ancora.

Non assuefarti al male, alla malattia, alla notte. Continua a chiedere di essere luce, per illuminare il buio delle notti dei malati, il buio di chi soffre, il buio di chi è ferito dalla guerra, il buio di un cuore che ha poca speranza, che si sente abbandonato.
La notte di oggi continua a chiedere di essere abitata con le domande, di immaginare l’oggi in maniera alternativa. Il profeta invita a continuare la ricerca, invita a un cammino di conoscenza, che è un cammino di responsabilità. Sì, la sentinella, il custode ci chiede la responsabilità di fare la nostra parte, che è quella di chiedere innanzitutto.
Tornare a chiedere, non perdere il gusto di vivere da persone responsabili. E alla fine ciascuno di noi può essere colui che interroga e colui che è chiamato a rispondere, nello stesso tempo. Essere quella sentinella, quel custode, perché il Signore per primo si è abbassato ad ascoltare il grido e ci ha aperto la via per farlo anche noi.
È a lui che ci rivolgiamo ancora questa sera. Lui che è Dio, pastore e custode, che non ci abbandona mai. Guarda al dolore di chi soffre, di chi è solo, abbandonato nel suo letto, è lui che ci chiama a mantenere vigile il nostro orecchio, vivi i nostri sensi, a custodire il grido e continuare a domandare che la notte finisca e venga la luce del mattino.
Sorelle e fratelli, tutto questo è la ricerca di quella speranza che non delude.