Zaccaria 9, 9-10
Esulta grandemente, figlia di Sion,
giubila, figlia di Gerusalemme!
Ecco, a te viene il tuo re.
Egli è giusto e vittorioso,
umile, cavalca un asino,
un puledro figlio d'asina.
10Farà sparire il carro da guerra da Èfraim
e il cavallo da Gerusalemme,
l'arco di guerra sarà spezzato,
annuncerà la pace alle nazioni,
il suo dominio sarà da mare a mare
e dal Fiume fino ai confini della terra.
In questa Settimana di Passione, il nostro pensiero va all’Ucraina, alla città di Sumy, dove, per un attacco missilistico russo, sono morte 32 persone e circa 120 sono state ferite, tra cui 10 bambini. Uno dei tanti attacchi a cui, purtroppo, ci si è abituati nell’opinione pubblica mondiale. Ma non ci si può abituare. È accaduto vicino ad alcune chiese, dove la gente andava a pregare di domenica.
Uccidere è sempre una bestemmia contro l’uomo, fatto a immagine di Dio. Ma ancor più suona come bestemmia in questa domenica, in cui le diverse Chiese celebrano l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, come celebreranno insieme la prossima Pasqua. Gli ortodossi, come i cattolici, secondo un’antica tradizione, usano i rami per ripetere il gesto delle folle verso Gesù. In Ucraina, rami di salice, come qui quelli di ulivo.
La morte si è abbattuta di giorno su persone che andavano a vivere la liturgia. Cattolici e ortodossi la celebrano insieme, per una coincidenza di date. Questa coincidenza parla di unità e fraternità, non di morte. Quelle chiese nel centro di Sumy, le cui cupole spiccano al cielo, pur appartenendo a diverse obbedienze — una di esse al Patriarcato di Mosca — sono vicine nella comunanza di una tradizione liturgica.
Questo fatto mette in luce come gli atti di guerra siano un fratricidio. Perché tutti sono cristiani, figli del Dio della vita, figli della stessa fede, ricevuta nel battesimo della Rus’. So che questo dire fratricidio non fa piacere a tutti e viene sentito ambiguo. Ma che cosa significa essere cristiani, quando si colpiscono innocenti in un tempo santo, e poi ogni giorno?
Uccisi con le palme in mano, come i martiri dell’Apocalisse. La guerra calpesta il Vangelo, come mostra un evangelario proveniente dall’Ucraina, ritrovato in una zona di guerra, sotto i carri armati, rovinato, calpestato. La guerra calpesta il Vangelo.
Basta con questa guerra malefica, che uccide tanti. Di fronte alle notizie, alle immagini: basta con questa guerra! Questa è la nostra preghiera costante, che alla fine diventa un grido: basta! La pazienza del popolo ucraino è duramente provata. Si trovino vie di dialogo, di tregua, di pace, perché non si gioca con la vita di un popolo.
Ogni pezzo di terra guadagnato sarà per chi lo conquista maledetto dal sangue sparso e dal tanto dolore. Il sangue sparso, da Sumy, grida ed esige pace. Lo ascoltino i grandi, su cui ogni giorno di guerra e ogni morto in più pesa come una tremenda responsabilità. Mentre, tante volte, sembra che essi partecipino a un gioco — d’azzardo, o irresponsabile.
Guardino questi grandi a quel ragazzo tredicenne di Sumy. Un vero uomo di pace, che è riuscito a uscire dall’autobus dov’era — autobus colpito, in fiamme, con vari morti — rompendo con le mani un finestrino. Poi non è fuggito, ha forzato le porte liberando i passeggeri e restando ferito. Quel piccolo non ha salvato prima di tutto la sua vita. Sembra quasi che, come un Davide, abbia sconfitto con le mani la forza missilistica che si è abbattuta su Sumy.
Ci viene in soccorso il Signore. È l’immagine biblica del re giusto, vittorioso e umile, che cavalca un asino ed entra a Gerusalemme. Lui è il nostro re, il re di pace. Farà sparire i carri da Èfraim e da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annuncerà pace fra le nazioni.
Il re non cavalca un cavallo da guerra, ma un asino. Abbiamo sentito l’eco di Zaccaria nell’ingresso di Gesù, mite e pacifico, in Gerusalemme. Ma non sono venuti molti re, o chi per loro, che abbiano portato la pace. E Dio stesso entra nella sua città per portarci la pace. E noi vogliamo farci attorno a lui, come i bambini di Gerusalemme, come i discepoli che stendevano i mantelli. Sostenere questo Signore che porta la pace.
È Dio che rivendica la pace, è Dio che la promette per Gerusalemme, per la Terra Santa, per l’Ucraina, per il Kivu, per i Sudan e tanti altri paesi del mondo. La nostra preghiera si fa insistente, anche se la nostra fede è piccola come un granello di senape, perché quel re entri presto e domini la terra con la pace.
Il re, che entra a Gerusalemme mite e umile, è stato crocifisso. Una congiura di male e violenza l’ha voluto far sparire dalla terra dei vivi. Celebriamo in questa settimana la sua passione, la sua morte in croce, ma cantiamo la sua resurrezione. La potente forza della resurrezione di Gesù travolga le radici del male e della guerra, e doni finalmente la pace!
Il ragazzo di Sumy, salvando gli altri prima di sé, mostra che c’è ancora un’umanità buona, illuminata dalla giustizia e dal Vangelo. Forse si prepara una generazione migliore. Non siamo tutti divenuti cattivi, in questo clima di guerra che incattivisce. E il re mite è con noi, perché l’umanità non perisca, ma risorga con lui. Amen.
Le parole di Andrea Riccardi alla preghiera per la Pace all'inizio della Settimana Santa