INTERVISTE

“Oggi è ancora Venerdì Santo”: la fede che dà la vita nelle parole di mons. Vincenzo Paglia

 

Quel primo Venerdì Santo, sul Calvario, non è finito. Continua ancora oggi.

Potremmo dire che in tante parti del mondo oggi è ancora Venerdì Santo: molti discepoli di Gesù danno la propria vita per la fede. Il loro martirio è una grande lezione per tutti noi, che viviamo senza ostacoli, in una condizione di pace e libertà. Dovremmo esserne consapevoli.

Il martirio, che i nuovi martiri testimoniano con forza, ci interpella. Permettetemi di condividere con voi un segno personale: porto questa croce pettorale, che apparteneva a monsignor Oscar Romero, ucciso nel 1980 mentre celebrava l’Eucaristia. Volevano farlo tacere perché difendeva i poveri. Invece, la sua voce continua a parlarci.

Vorrei riassumere il cammino di tanti testimoni della fede con una sua brevissima omelia, pronunciata davanti alla bara di un suo prete, assassinato dagli squadroni della morte. Disse Romero:

“Il Concilio Vaticano II — potremmo dire il Vangelo stesso — chiede a tutti i cristiani di essere martiri, cioè di dare la propria vita per gli altri. Ad alcuni viene chiesto fino all’effusione del sangue, come a questo prete. Ma a tutti, in forme diverse, è chiesto comunque di offrire la propria vita.”

Ecco, questo vale per tanti martiri di oggi: in Medio Oriente, in Africa, in Asia, ma anche in Europa. Il cristianesimo ha nel cuore la dimensione del martirio, cioè una vita donata, spesa per gli altri.

Questa è la vera testimonianza cristiana: vivere per gli altri. E riguarda ciascuno di noi. Il martirio non è solo un fatto di sangue: è uno stile di vita, è l’antidoto contro l’individualismo. Anche nel cristianesimo, a volte, si è fatta spazio una mentalità pericolosa: vivere solo per se stessi. È un virus che ha indebolito la fede e la vita di molti.

Ma questa non è la logica del Vangelo, è il "vangelo del mondo". A Gesù, sotto la croce, dicevano: "Pensa a te! Scendi dalla croce, e crederemo." Ma non è questa la via evangelica.

“Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati” – e cioè, fino a dare la vita. Solo così, dice il Vangelo, si potrà riconoscere che siamo discepoli del Signore.

Care amiche e cari amici, oggi, in questo Venerdì Santo, riscopriamo il cuore del cristianesimo, che è il cuore stesso di Dio. Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio: Gesù ha lasciato il paradiso ed è venuto sulla terra. A Betlemme non ha trovato posto, è nato in una stalla. Da bambino fu minacciato di morte, divenne profugo. Tornato in patria, ha speso tutta la vita per gli altri. Alla fine, è stato crocifisso.

Questo è l’esempio del vero discepolo di Gesù: seguire il Maestro significa dare la propria vita per tutti, come ha fatto anche san Pio da Pietrelcina. Ma è una chiamata per ciascuno di noi, ogni volta che viviamo il Vangelo.

Le stigmate di Cristo sono proprio questo: l’impegno a spendere la propria vita non per sé stessi, ma per gli altri.

Oggi stiamo tutti sotto la croce. Questo significa stare con Gesù. E significa anche desiderare un mondo diverso: liberato dalle guerre, dalle violenze, dalle ingiustizie e dalla solitudine.

Il Vangelo di Gesù ci chiede: dare la propria vita per gli altri. Ed è così che la ritroveremo. In abbondanza.