«Seminare Idee» è il festival che si è svolto a Prato dal 6 all'8 giugno. Dal chiostro di San Domenico l'intervento dello storico e fondatore della Comunità di Sant'Egidio scuote le coscienze: la violenza non può diventare normalità, né strumento legittimo di convivenza. La via del disarmo, della mediazione e dell'ascolto richiede fermezza, lucidità e visione. Ma soprattutto richiede una forza diversa: quella di chi non si arrende all'idea che il conflitto sia inevitabile
«Oggi non solo è tornata la guerra, ma è successa una cosa gravissima: la guerra è stata riabilitata!». Andrea Riccardi, ex ministro e fondatore della Comunità di Sant'Egidio è stato chiamato a chiudere la prima edizione del festival «Seminare Idee», andato in scena a Prato dal 6 all'8 giugno. Tema della tre giorni: il coraggio, come risposta e antidoto ai tempi che stiamo vivendo. E il coraggio della pace è stato il tema conduttore del festival.
«Storicamente il coraggio è sempre stato associato alla guerra - ha detto Riccardi - è una vecchia tradizione che risale a Omero, ad Achille, a Ettore, alla virilità, alla mascolinità. Solo nel Novecento abbiamo appreso a livello di massa «il coraggio della pace» dopo le tragedie delle due guerre mondiali, ma ora mi sembra che ce lo siamo dimenticato».
L'incontro si è tenuto nel chiostro dell'antico complesso di San Domenico alla presenza di moltissime persone, grande è stata l'affluenza a tutti gli appuntamenti della manifestazione promossa dal Comune e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato, con l'intento di dare alla città un festival di rilievo nazionale.
La pace va immaginata o praticata? Si è chiesto Riccardi: «certamente immaginata, perché non la vediamo più, ma va anche praticata, sia a livello internazionale, attraverso il dialogo e la diplomazia, che sono arti ormai in disuso, con le scelte dei governi, ma anche attraverso l'interessamento dei cittadini e delle cittadine, perché la pace ci riguarda tutti. Se la guerra arriverà a toccarci, la pace dovrà arrivare prima».
La «riabilitazione della guerra», quindi il superamento di quanto avevamo appreso, sulla nostra pelle, durante le guerre mondiali del Novecento, sta portando a derive molto pericolose. «Si sta verificando "I'eternizzazione" della guerra, le guerre non finiscono, ma durano - ha affermato il fondatore di Sant'Egidio -, ad esempio in Congo, nel conflitto del Kivu per lo sfruttamento delle risorse, dove esistono i cosiddetti signori della guerra, l'idea dei combattimenti è permanente. Le parti pensano che vivere è fare la guerra. Senza alternative».
Il segno dei tempi nuovi, oltre all'esistenza dei conflitti, tornati in Europa dopo molti anni, è anche la corsa al riarmo, «la riabilitazione dello strumento militare». Scelte che per Riccardi portano sempre di più in secondo piano «la diplomazia e il dialogo», strumenti questi che hanno bisogno di tempo, di fermezza, di lungimiranza, e, appunto, di coraggio. «Trump mirava a fare presto la pace, non c'è riuscito perché, si è detto, che la Russia non voleva. Io dico perché non è stata coinvolta l'Ucraina. Come si può arrivare alla pace senza una delle due parti?».
Insieme al cardinale Zuppi, Riccardi è stato mediatore in Mozambico, dove una sanguinosa guerra civile aveva fatto un milione di morti e oltre quattro milioni di sfollati. Il 4 ottobre 1992, nella sede della Comunità di Sant'Egidio a Roma, il presidente mozambicano e il leader della Resistenza firmarono un accordo generale di pace. «Furono negoziati lunghi e sfibranti, però ho visto le parti cambiare e capire il bisogno di pace. Oggi mi fa paura la mancanza di alternative». Uno dei problemi di oggi è il ricorso estremo alla semplificazione, quando invece la realtà è complessa. «La guerra è la più grande semplificazione - sottolinea Riccardi - perché libera dalla fatica di capire l'altro, fa perdere le sfumature, come diceva Hannah Arendt».
Il ritorno al passato, al pensiero che la guerra sia inevitabile, mentre la pace sia una parentesi, deve essere considerato inaccettabile. È questo il punto di partenza del pensiero di Andrea Riccardi. «Chi si occupa di pace non deve essere visto come un pauroso, ma come un coraggioso! Ce lo hanno dimostrato uomini e donne intelligenti che hanno fatto argine con il pensiero e con il corpo». Si citano Gandhi e Giorgio La Pira. Mentre le conclusioni sono affidate al pensiero contenuto in uno scambio epistolare tra Einstein e Freud, nel quale il grande scienziato chiese al padre della psicanalisi: c'è modo di liberarsi dalla fatalità della guerra? «Freud riconosce che le pulsioni ci sono, ma solo l'incivilimento (o civilizzazione) ci libererà. Ma quando? Sono mulini che si muovono adagio e le persone muoiono prima di avere la farina della pace». Sono cammini difficili, ma assolutamente necessari. Ecco perché è fondamentale, per ogni uomo e per ogni donna «resistere e non farsi cambiare dall'odio e dall'irrilevanza».
Annunciata la seconda edizione nel 2026
Tre giorni pieni di incontri dedicati al tema del coraggio che hanno registrato il tutto esaurito. Si è chiusa con una grande partecipazione di pubblico e un apprezzamento diffuso la prima edizione di «Seminare Idee Festival», la manifestazione promossa da Comune di Prato e Fondazione Cassa di Risparmio. Tanti e di rilievo gli ospiti intervenuti: da Roberto Saviano a Milena Gabanelli, da Francesca Mannocchi a Walter Veltroni, solo per citarne alcuni. Visto il successo, prima dell'incontro conclusivo, affidato ad Andrea Riccardi, i promotori hanno già annunciato l'edizione 2026, che si terrà anche questa volta nel primo fine settimana di giugno. «Prato ha il diritto di avere un festival culturale di rilevanza nazionale perché è terra fertile di umanesimo e di umanità», ha detto la sindaca Ilaria Bugetti. «Abbiamo percepito che c'era un bisogno, una necessità, un`attesa, a cui bisognava dare delle risposte. Ci siamo dati come parole d'ordine "ascolto" e "risposte" a ciò che sentivamo», ha detto Diana Toccafondi, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Prato.
[ Giacomo Cocchi ]