Il fondatore di Sant'Egidio con il capo dell'Eliseo la sera prima del funerale "E molto preoccupato dalla frammentazione"
«Macron era un grande estimatore di Bergoglio. E ora sta tentando di mettere insieme un'iniziativa europea, di cui va sottolineato il nuovo rapporto con il Regno Unito. Gli sforzi europei dovranno presto arrivare a sintesi».
Andrea Riccardi, il fondatore di Sant'Egidio, la sera prima dei funerali era con Emmanuel Macron al Bolognese in piazza del Popolo. Invitato con un sms. L'unico italiano che il presidente francese ha voluto accanto a sé mentre si andava tessendo la tela dei volenterosi. All'indomani infatti Giorgia Meloni non c'era nella foto fra Trump, Zelensky, Macron e Starmer scattata nella basilica.
L'Italia ne è esclusa?
«Non starei lì a fare l'analisi delle foto. La nostra premier avrà avuto altro da fare, non mi pare un'assenza significativa».
La cena però non è casuale. Riccardi e Macron hanno una consuetudine che viene da lontano. Quando è stata inaugurata Notre-Dame l'ex ministro era a Parigi. Nell'ottobre 2022 mise insieme Macron e Sergio Mattarella ad un'iniziativa di Sant'Egidio sulla pace a Roma.
Ma cosa le ha detto Macron l'altra sera?
«Ha espresso la sua preoccupazione per la frammentazione delle democrazie».
Come valuta l'incontro Trump-Zelensky?
«Così irrituale e potente, è un'eredità di Papa Francesco, uomo di pace. È come se avesse lasciato una vittoria postuma. Ha capovolto l'immagine dell'incontro alla Casa Bianca, lì Zelensky era stato malmenato. Tra i marmi vaticani regnava un altro clima. Trump ha capito che la sua apertura eccessiva a Putin non è stata pagante. Ora è costretto a riequilibrare. Mi pare importante per la sanità delle trattative. C'erano tutti i grandi, ma non c'era la Russia».
Perché Trump ha voluto esserci?
«Può sembrare sorprendente, perché per molti versi Francesco è stato l`anti-Trump, ma il presidente degli Stati Uniti ha capito che doveva essere dentro l'emozione dei cattolici, più della metà dei cattolici americani ha votato per lui».
Riccardi, storico del cristianesimo, conosce la Chiesa come le sue tasche. Che Papa uscirà dal conclave? Un progressista? O un conservatore?
«Ma chi sarebbe un cardinale progressista? È difficile dirlo. È più facile dirlo di un conservatore. La verità è che tutto è aperto» giura. «Francesco non era un politico, non ha nominato cardinali della sua covata».
Ma ha dato molto spazio ai cardinali asiatici. Non è un disegno?
«Francesco pensava che tutte le chiese dovessero essere rappresentate, anche quella delle isole di Tonga. È rimasto tra i 135 un buon numero di cardinali italiani, ma non c'è più l'egemonia europea. È da Pio XII, nel 1946, che non c'è più una maggioranza italiana: prima il Papa lo decidevamo solo noi».
Come spiegare l'emozione popolare, le file, la gente che esce di casa per salutarlo nell'ultimo tragitto fino a Santa Maria Maggiore?
«Ha parlato alla gente».
Ai funerali Riccardi ha avvertito «una profonda emozione. È rimasta intensa nonostante la lunghezza della cerimonia. Lunedì, poche ore dopo la morte, la Basilica di San Giovanni in Laterano, nella messa indetta dalla diocesi, le navate erano strapiene, soprattutto c'erano 400 preti. E col clero romano Francesco non aveva avuto esattamente un rapporto facile».
L'emozione non fu enorme anche per Papa Wojtyla?
«Forse quella fu più organizzata, questa più spontanea. Qui i fedeli sono accorsi perché è stata toccata dalla sua fede sincera, non catechistica. Ha capito che era morto l'ultimo grande leader mondiale».
Ma i laici che lo acclamano non vanno in chiesa la domenica.
«Gli steccati tra atei e credenti non ci sono più, è emersa quella che Giuseppe De Rita chiamava la zona grigia, e ha visto nel Papa una figura a cui guardare con ammirazione».
Non sembra però aver cambiato la Chiesa.
«Ha incontrato molte resistenze, pigrizie, inerzie. E in vari mondi, anche nella curia. Ha ottenuto risultati da cui non si potrà prescindere. Una chiesa di popolo, con i poveri al centro, che si batte per la pace».
Dove ha fallito?
«Non è riuscito nella riforma di una curia efficiente. O forse gli è riuscita a metà. La Chiesa oggi è più libera, le opposizioni si vedono, il dibattito è esplicitato. Un mondo più aperto e più complicato: deve trovare un suo equilibrio nell'unità e un Papa che indichi una strada».
[ Concetto Vecchio ]