Da Antonino a Maddalena, quaranta emarginati accoglieranno il feretro sul sagrato, sono italiani e stranieri, conosciuti negli angoli di Roma. "Ci capiva, aveva un cuore caldo"
Ma voi, eravate proprio amici? «Sì sì, ci siamo visti dieci volte, io e Francesco». E cosa vi dicevate. «Gli raccontavo la mia vita», che è stata disgraziata ma infine felice, e il Papa gli ha dato sempre dei buoni consigli, e così questo Antonino si è tirato su. «Mi diceva sempre "non dire mai di essere stanco. Finché stai in piedi devi continuare a lavorare"», cosa che ha messo in pratica lui stesso, seppure in carrozzina, e proprio fino all'ultimo respiro, o sospiro.
Antonino, già senzatetto, ora impettito volontario di Sant'Egidio, è uno dei quaranta che accoglierà il feretro sul sagrato di Santa Maria Maggiore. Una rosa bianca in mano, che non è solo un fiore ma un segnale da lassù, che il Papa sentiva forte, e gli arrivava direttamente da Teresa di Lisieux. E sono gli amici di molti anni, scovati tra le migliaia che ha conosciuto in pranzi di Pasqua e Natale e centinaia di udienze, e incontrato con le associazioni che si occupano dei relitti della nostra società ricca e vantona, che schifa le persone di scarto, gli avanzi, quelli che vivono negli angoli più nascosti, e lì aspettano solo di morire.
I poverissimi, gli emarginati, gli ultimi, che però oggi saranno i primi della fila, una schiera di disperati o che hanno ritrovato la speranza, ma che fatica han fatto la sanno solo loro. Beh, questo Papa si sporcava le mani, non avendo paura di stare vicinissimo a persone che altri avrebbero tenuto a distanza di sicurezza, provenendo da bassifondi gorkiani, dal sottosuolo che non vogliamo vedere, e anche da esperienze infernali. La povertà può esserlo, se all`ora di pranzo non c'è niente da mangiare (niente).
«Ci ha sempre amato tutti come figli», dice Maddalena Hatowska, che vive da 12 anni nel palazzo occupato Spin Time, dalle parti di San Giovanni. «E sai, noi qui facciamo la lotta, per avere una casa vera, popolare», non un ex ufficio. Ma meglio un tetto sulla testa che niente, e anche la luce elettrica, «che a noi l'ha riattaccata don Corrado, che è polacco come me». Un prete atletico, anzi un cardinale, anzi l'Elemosiniere di Sua Santità, che nel maggio del 2019 si calò fino a raggiungere la grande centralini elettrica, e tolse i sigilli. "Fiat lux", si disse allora, e lui dichiarò «L'ho fatto per i bambini», che quel giorno erano 98, e per altre 400 persone che lì vivevano, illegalmente e senza pagare le bollette. Tutto illegale, anche la sua audace azione (da arresto). Ma certo il cardinale Krajewski non è un matto, e aveva la benedizione di Francesco. E ieri, Maddalena raccontava che «lui è il ponte con il Papa, e se siamo in emergenza ci aiuta. È un eroe! non ha paura di niente». E come si fa a campare con 1.200 euro al mese - ma a volte sono solo mille - è un'eroina pure lei. «Mio marito fa il badante, e quello prende. Io ogni tanto faccio le pulizie, e abbiamo nostra figlia Marta Luisa da crescere». Si è poveri così, quando non si riesce a pagare un affitto e a mangiare, o l'una o l'altra cosa. «Il Papa era una persona umile, perciò capiva i nostri problemi. E aveva il cuore caldo».
Nel palazzo, tra grida di bambini e cani abbaianti, vivono 140 nuclei famigliari, su sette piani. Maddalena è un'altra degli "amici" che andranno in basilica (poi, «non voglio farmi fotografare perché mi mancano troppi denti», e ha solo 50 anni). Altri la seguiranno da Spin Time, e poi ci saranno quelli della Caritas, nel variegato mondo proletario che Francesco «abbracciava con gioia, e così dovrebbe essere», dice sorella Adriana Domenici.
Di quel mondo ci saranno cattolici, cristiani ortodossi, come l'egiziano di 45 anni che vive in un centro di accoglienza Caritas da 4 mesi. E musulmani, come A.D., rifugiato curdo, ora in un appartamento in semiautonomia. E gli italiani, con varie storie e varie età, uno ha 74 anni e viveva per strada, uno è un separato, poi finito in miseria. Uno faceva il giornalista, e si sta separando.
Spesso si finisce nella disperazione per un problema famigliare, «è successo anche a me», racconta Antonino, che viveva a Terrasini e poi ha dovuto lasciare casa, e Marco Sala ricorda di averlo «trovato alla stazione Tuscolana. Dormiva li, mi ha chiesto aiuto». Oggi ha persino la pensione di invalidità, e dirige il traffico alla mensa di Trastevere (ieri, pasta e fagioli, cotoletta e spinaci). Apre tre volte la settimana, e ogni volta sono 500 pasti.
Persone con problemi psichiatrici, o di alcolismo o droghe o tutte e due, o semplicemente poveri, come una signora in cappottino rosso, e uno che sembrava uno studente. E chi altri ci sarà, con la rosa bianca in mano. Una polacca di 60 anni, anche lei senza casa. Una rifugiata venezuelana di 54, che da tre mesi vive con due figli in una parrocchia. E un rifugiato sudanese, musulmano. E Ugo, e Mircea, che vivono in un condominio solidale in via Fonte Chiana. Giovanni e Giuseppe, ospiti di Palazzo Migliori, anche questo gestito da Sant'Egidio. Un colpaccio di papa Francesco, che sapeva quanto valesse quella proprietà affacciata su piazza San Pietro, e alla proposta di trasformarlo in albergo di stralusso, disse "sì, diventerà un hotel. Ma dei poveri", che beffa.
Tutti figli suoi, ora orfani. Anche le due trans che vivono in una comunità gestita da suore. Anche alcuni detenuti di Rebibbia, che erano con lui all'apertura della Porta Santa in carcere, il 26 dicembre scorso. Disse loro «aggrappatevi alla speranza». E la speranza è anche quel fiore di purezza, per chi ce la sta facendo e per chi è ancora sdraiato in strada (una donna nigeriana, ieri in via del Governo Vecchio, con due bambini addormentati).
Nella geografia della miseria romana, che conta almeno 3mila senzatetto, c'era quell'uomo «a cui ho anche baciato la mano», dice Antonino. Ma gli ultimi saranno i primi, perché quello amava tutti davvero, sfacciatamente.
[ Brunella Giovara ]