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"Oltre i codici". Un dialogo tra arte, fragilità e memoria: l'incontro con l'artista albanese Adrian Paci realizzato dai Laboratori d'Arte di Sant'Egidio e dal Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università Roma Tre

 

L’artista Adrian Paci è stato protagonista dell’incontro “Oltre i codici”, ospitato oggi nell’Aula Magna dell’Università Roma Tre, promosso dai Laboratori d’Arte della Comunità di Sant’Egidio e dal Dipartimento di Studi Umanistici.

Paci ha aperto la sua narrazione mostrando due pagine di un quaderno di scuola della sua infanzia: stanghette e linee, segni aperti ancora a qualsiasi possibilità e, accanto m+, la pagina con le frasi dettate a scuola imposte dal regime: “tra possibilità espressiva e espressione dominata”. Al centro del suo intervento, anche l’incontro con alcuni volti, come quello di Rasha, rifugiata siriana giunta in Italia con i corridoi umanitari: “A volte il linguaggio del corpo custodisce la memoria meglio delle parole”.

Accanto a queste storie, Paci ha raccontato la collaborazione con i Laboratori d’Arte. In particolare, ha descritto la nascita dell’opera Compito≠1, un grande mosaico ispirato ai diari di Maurizio, persona con disabilità, ex internato psichiatrico. Le sue scritture – segni non sempre comprensibili ma carichi di urgenza comunicativa – sono diventate per l’artista “tracce concrete e misteriose”, trascritte e reinterpretate come vere partiture visive.

Laura Iamurri, storica dell’arte contemporanea e docente a Roma Tre, ha sottolineato come l’opera di Paci metta in discussione i linguaggi prestabiliti, muovendosi tra forma e libertà.

In chiusura Alessandro Zuccari, storico dell’arte e accademico dei Lincei, ha parlato di un’arte capace di restare umana e indocile: “Oltre i codici non significa contro, ma attraversare, ascoltare chi non ha voce. È questo – ha concluso – il compito più profondo dell’arte oggi”.